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domenica 22 ottobre 2006

Blog dipendenza

"Mannaggia a me e a quando ho deciso di farmi un blog"

Mi sembro quasi la Gregoraci nell'ultimo spot di Tre. Solo che mi manca un bel paio di meloni e fortunatamente non mi faccio Briatore (e neanche Storace ndr).
Fino a 3 mesi fa non avrei mai pensato di cadere nel vortice dei blog, ho sempre pensato che il "web di tutti" fosse un'immensa ingiustizia perchè non tutti meritano di avere accesso alla rete, ed ho sempre preferito tenere le mie stronzate per me.
Ed ora mi trovo qui ore ed ore a spulciare manuali di html e xml, a spaccarmi la testa per rendere questo blog più appetibile, più completo, più visibile.
Questo cambiamento non me lo spiego.
Cosa dovrebbe portare una persona ad affezionarsi alle baggianate che scrivo?
Di certo nulla che non abbia a che fare con problemi psichici o giù di li.
Alla fine non sono nessuno. Non sono il Beppe Grillo che fomenta la rivoluzione. Non sono un filosofo o un letterato.
Quello che so è che (almeno) non sono uno di quegli odiosi blogger glitterosi e spaginati che andrebbero eliminati all'istante.
Comunque mi ritrovo qui a scrivere ciò che penso.
Potremmo chiamarla "sindrome di Del Debbio".
Solo che io non mi faccio pagare per le mie inutili opinioni, non mi ha raccomandato nessuno, non obbligo nessuno a leggermi.

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4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sto su blog dal 2004,
fidati non è un problema finchè non lo vivi come tale e non sai "staccare" dal blog...
In definitiva è un piacevole svago.

18:10  
Anonymous Anonimo said...

Vero. Anche io sono un po' così. Ma solo un po'...

18:40  
Blogger Tommaso said...

infatti, alla fine è un modo come un'altro per staccare e sfogarsi.

19:00  
Anonymous Anonimo said...

GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT

Finalmente liberi!

di Antonello De Pierro

Era ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio di leva è finalmente una realtà. Termina così la girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi, senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine, braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia” dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto. Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti, le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni” spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale? Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione, fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire; a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile); a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una “turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente il velo del silenzio e dell’omertà.
Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!

11:17  

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